PAURA DI ESSERE ADULTI
“Una volpe affamata scorse alcuni grappoli di uva che pendevano da una vite e volle afferrarli. Ma non riuscì a raggiungerli e, mentre si allontanava, commentò tra sé: < non sono mica maturi ! >.
Così anche alcuni uomini, se per la loro incapacità non possono arrivare alla meta, ne danno la colpa alle circostanze.”
Per Sindrome di “Peter Pan” si intende quella condizione psicologica di chi non vuole crescere e diventare adulto. I soggetti affetti da questo disagio, sono adulti “giovani” che rifiutano l’ idea di maturare e assumono atteggiamenti tipicamente adolescenziali.
Tali atteggiamenti derivano da questo stato mentale di totale immaturità, rifiuto di assumersi ogni responsabilità ed incapacità di impegnarsi seriamente in qualsiasi cosa che sia minimamente di intralcio alla propria spensieratezza e serenità.
Perché una persona adulta non dovrebbe assumere la responsabilità verso se stesso e verso gli altri quando è del tutto naturale che ciò avvenga ?
Si può ipotizzare che dietro l’ atteggiamento di godersi la vita e pensare solo al proprio benessere, si nasconda la PAURA DI NON SENTIRSI ADEGUATO ad affrontare la vita con le sue vicissitudini. Ma questo spiega solo in parte il rifiuto di crescere.
Pensano: “Poi si vedrà…”, vivono euforicamente nel presente, in un mondo ideale privo di regole e dei doveri del mondo degli adulti.
MA COSA SARÀ MAI CAPITATO NELL’ INFANZIA DI QUESTE PERSONE DA RENDERE COSÌ DIFFICILE L’ INGRESSO NEL MONDO DEGLI ADULTI ?
La psicoterapia con questi soggetti (che giungono all’ osservazione clinica per problemi di ansia e/o depressione), non avviene certo per una presa di coscienza del rifiuto di crescere; non è assolutamente possibile delineare un quadro clinico univoco… in quanto si è tutti diversi e quindi non si può assolutamente generalizzare.
Potrebbero essere figli di madri apprensive ed ECCESSIVAMENTE protettive che cercano di eliminare ogni ostacolo della vita del bambino, ogni cosa che possa determinare una sofferenza o una frustrazione. Per queste madri deve rimanere nella “calda e sicura campana di vetro” che è stata preparata per lui.
In realtà la campana “calda e sicura” finisce per essere una GABBIA, una prigione all’ interno della quale la fiducia in se stesso (del bambino), la sua voglia di misurarsi con le difficoltà ed imparare a tollerare le PICCOLE FRUSTRAZIONI derivanti dagli insuccessi o:
• dai “NO” che i genitori DOVREBBERO PIÙ SPESSO DIRE;
• la responsabilizzazione rispetto ai doveri;
• l’ adeguamento alle regole;
tutte queste osservazioni non trovano spazio per maturarsi ed evolversi in comportamenti adeguati all’ età.
Un continuo controllo del genitore sul bambino, crea nel fanciullo l’ idea che il genitore non si fidi delle sue capacità, che sia fragile e non adeguato, altrimenti perché tutta quella protezione ?
Ciò determina una OSTILITA’ INCONSCIA nei suoi confronti che viene espressa con continue richieste infantili di accudimento, con capricci e talvolta con veri e propri attacchi al genitore, ma soprattutto con la difficoltà di esprimere gratitudine per gli sforzi profusi nell’ accontentarlo.
La vendetta più sottile è quella di frustrare le aspettative materne rispetto alle assunzioni di responsabilità, come se il bambino facesse una sorta di dispetto: “ PIU’ NON TI FIDI DI ME E PIU’ IO NON PRENDO IN CONSIDERAZIONE QUELLO CHE DICI”.
Si sa nessuno ama i propri CARCERIERI, anche se la prigione è CALDA ED ACCOGLIENTE.
Questa ostilità viene rimossa, ma continua ad agire nell’ età adulta, si crea una sorta di cliché che si adatta a tutte le altre persone ed alle situazioni.
CAMBIANO GLI SCENARI ED I PERSONAGGI, MA IL DISPETTO CONTINUA… finché il soggetto non prende consapevolezza di “chi è” e di “come è” con l’ aiuto di uno psicoterapeuta e… CAMBIA.
“I bambini non nascono con malizia,
non discriminano,
non prendono in giro,
non umiliano,
fino a che un adulto non insegna loro a farlo.
Educare nel rispetto del prossimo
È compito del genitore”.