Ci sono ferite che non si vedono, ma che possono radicarsi in profondità nella nostra anima e rimanervi per il resto dei nostri giorni.
Sono le ferite emotive, i segni lasciati dai dolori che abbiamo vissuto durante l’ infanzia e che spesso sono determinanti per la nostra qualità di vita da adulti.
Una delle ferite emotive più profonde è quella del rifiuto.
Chi ne soffre, infatti, si sente respinto nel profondo di sé, e FINISCE PER INTERPRETARE TUTTO CIÒ CHE ACCADE INTORNO A LUI ATTRAVERSO IL FILTRO DI QUELLA FERITA, sentendosi rifiutato anche quando in realtà non lo è.
Rifiutare significa disprezzare, rigettare, opporsi; un atteggiamento che potremmo tradurre con un più semplice “non volere” qualcosa o qualcuno.
Questa ferita può nascere dal rifiuto dei genitori verso un figlio o, qualche volta, dal mero fatto di sentirsi rifiutati, senza che questa sensazione corrisponda alla reale intenzione del genitore.
Di fronte ai primi sintomi del rifiuto, il bambino inizia a crearsi una maschera per proteggersi da questo sentimento così straziante, legato alla svalutazione di sé stesso e anche ad una personalità sfuggente. La prima reazione della persona che si sente rifiutata, infatti, è quella di fuggire. Per esempio, quando il bambino ne soffre, si crea mondi immaginari in cui rifugiarsi.
Nei casi di IPERPROTEZIONE, anche se questo comportamento spesso viene mascherato come una forma d’ amore, il bambino si percepirà comunque come rifiutato dai genitori, che non lo accettano per quello che è. IL MESSAGGIO CHE GLI ARRIVA È CHE NON È IN GRADO DI CAVARSELA DA SOLO, PER QUESTO DEVE ESSERE PROTETTO.
Le ferite emotive sofferte durante l’ infanzia hanno un ruolo importante nella formazione della nostra personalità. PER QUESTO MOTIVO, CHI HA SOFFERTO LA FERITA DEL RIFIUTO, SPESSO TENDERÀ A SOTTOVALUTARSI E A DESIDERARE A TUTTI I COSTI LA PERFEZIONE.
Questa situazione lo porterà ad una ricerca costante di approvazione e il riconoscimento degli altri, difficile da soddisfare.
Da adulto, il bambino ferito, rimarrà molto sensibile a qualsiasi commento o giudizio espresso da quel genitore.
Le parole “niente”, “inesistente” o “sparire” fanno parte del suo vocabolario abituale, e confermeranno la sensazione e la convinzione del rifiuto, così forte dentro di sé. Per questo motivo, è normale che preferisca la solitudine perché, quando si è circondati da molta gente, anche le possibilità di essere disprezzati aumentano.
Quando si trovano in situazioni in cui devono per forza condividere un’ esperienza con qualcuno, queste persone cercheranno di farlo in punta di piedi e sempre protetti da una corazza, senza parlare quasi mai o aprendo bocca solo facendosi coraggio.
Inoltre, si tratta di persone che vivono in una costante ambivalenza: quando vengono scelte o elogiate non ci credono e rifiutano se stesse, arrivando addirittura ad auto-sabotarsi; quando invece vengono escluse si sentono rifiutate dagli altri.
Con il passare degli anni, chi ha vissuto la ferita del rifiuto e non l’ ha risanata potrebbe diventare una persona rancorosa e con tendenza all’ odio, per colpa dell’ intensa sofferenza vissuta. Più è profonda la ferita del rifiuto, maggiori saranno le probabilità di essere rifiutati di nuovo o rifiutare gli altri.
L’ origine di qualsiasi ferita emotiva proviene dall’ incapacità di perdonare ciò che ci hanno fatto o che abbiamo fatto agli altri.
La ferita del rifiuto si può curare facendo particolare attenzione alla propria autostima, iniziando a riconoscere il proprio valore e la propria importanza, senza bisogno dell’ approvazione degli altri.
Tutto ciò attraverso vari passaggi di elaborazione e di accettazione del proprio vissuto che porterà a liberarsi da questo dolore e rancore verso sé stessi e, di conseguenza, verso gli altri.
“Cercavo sempre al di fuori di me la forza e la fiducia, ma queste vengono da dentro.
Sono sempre state dentro, per tutto il tempo”.
Anna Freud